Immaginatemi.
19 anni, uno spirito ribelle e tanta voglia di scappare da un pesino che all’epoca mi calzava davvero troppo stretto. O forse era solo la foga di scappare dalla me stessa estremamente irrequieta di un tempo.
Bhe, al momento poco importava il perché, importava solo il come ed il quando.
La svolta, è arrivata quando, dopo essermi diplomata come perito turistico, ho partecipato alla selezione ENAIP, con un numero indefinito di altri studenti come me, per provare ad entrare nel corso di operatore turistico in loco. Sarebbero passati solo 25 studenti per il corso che interessava a me.
Io, che a scuola non sono mai stata la prima della classe, avrei dovuto mollare ancora prima di iniziare se avessi dato retta ai pronostici. Invece ci ho voluto credere ed i selezionatori qualcosa devono averlo visto, perché mi sono classificata seconda.
Incredibile!
Super gasata, ho iniziato il corso di “operatore turistico in loco”, che prevedeva anche un mese di tirocinio in una località turistica.
Detto fatto. Io sono volata in Egitto.
Il mese di corso, è volato via senza che nemmeno me ne accorgessi.
Così, con la mia mamma in lacrime all’aeroporto e la valigia che straripava di roba, sono partita per Sharm El Sheik.
Una volta atterrata, sono stata letteralmente scaricata dall’aereo alla casa e dalla casa alla discoteca. Un mastodontico caos di luci e colori, nell’incavo di una montagna, nel bel mezzo del deserto, con le gigantografie dei Flinstones proiettati che ballavano sulle pareti.
Due piscine. Open Bar. Cinquemila persone. Boom.
Così ho conosciuto Sonia e Cinzia. Con Sonia, poi, ci avrei fatto tutta la stagione ed anche quella successiva.
Poi è Arrivata Miriam, from Bergamo proprio come me.
Si è formata una squadra pazzesca, di quelle che poi diventano una seconda famiglia, con le quali condividi il lavoro ma soprattutto la vita.
Ad orchestrare la famiglia, c’era lui, Daniele. Il BOZZ.
Per dirla tutta il miglior boss che potesse capitarmi.
Anche dopo più di 13 anni e svariati altri lavori fatti, lui resta sempre il numero uno. Non sono molte, le persone, che sanno creare un gruppo in cui alla base ci siano fiducia e rispetto, invece che timore.
Sono stati davvero 9 mesi eccezionali. Sorprendenti. A volte stressanti. Nove mesi in cui ne ho davvero viste di tutti i colori. Dal classico clichè donna sposata e animatore, al divorzio durante la luna di miele, alle compagnie di anziani che mi trattavano come fossi una loro nipote e facevano foto di gruppo sconsiderate, arrampicandosi su muretti dai quali poi sarebbero rovinosamente caduti, rompendosi il polso o la caviglia. Non mi sono fatta mancare niente, nemmeno l’attentato. Tre bombe che hanno interrotto l’idillio della vita da vacanza e ci hanno bruscamente riportati alla realtà.
Ma si impara da tutto, anche da questo. E noi che siamo rimasti nonostante tutto il trambusto alla fine ci siamo uniti ancora più di prima.
Insomma, nove mesi che mi hanno stravolto il modo di pensare. Dove non contava più lo shopping o il vestito firmato, bastava mettersi quello che c’era pulito nell’armadio, l’importante era stare insieme, mangiare, insieme e piangere dalle risate dei racconti di tutto quello che ci succedeva.
Soprattutto qui, il cibo, come in tutte le grandi famiglie, ha giocato un ruolo fondamentale.
Si sa che noi Italiani con il cibo abbiamo un rapporto d’amore profondo, se poi, siamo lontani da casa la cosa si amplifica e proprio il cibo, diventa il collante, la scintilla che unisce, diverte e consola, quando la casa da dove siamo scappati ci manca troppo.
Ricordo la salatissima pizza acciughe e capperi, che mi ha costretto a bere acqua dal rubinetto, in Egitto, alle 02:00 di notte (non ve lo dico come è finita la serata. Lo immaginerete di sicuro).
Le alette di pollo più piccanti che io abbia mai mangiato, del ristorante Messicano a Naama Bay. Dopo quelle nessuno si sentiva più le labbra.
Le cene all’Indiano che partivano con frasi del tipo “non esageriamo” e finivano con i piatti ammucchiati sul tavolo, da tante cose ci eravamo mangiati.
Il “manghetto”, uuuhhh che buono. Praticamente un frullato di mango puro, una vera delizia.
Un’ indimenticabile cena nel deserto, organizzata per il compleanno di una ragazza che lavorava per il nostro corrispondente. Cibo tipico, tante risate, troppo freddo ma uno spettacolo impagabile. La vera luce delle stelle, senza lampioni, fari o palazzi. Un cielo così non ho avuto occasione di rivederlo più, ma chissà, forse un giorno…
Un kebab di montone con riso bianco, mangiato per caso a pranzo, pochi giorni prima di partire, con la mia nuova responsabile. Un posto dove di mia spontanea volontà probabilmente non sarei mai entrata, invece mi sono dovuta ricredere perché era eccezionale.
I falafel, mangiati accompagnati da pomodori cipolle e messi in una pita calda. Me li ha portati Mohamed, la nostra guida, dopo che l’avevo supplicato di procurarmi qualcosa da mangiare perché non avevo fatto colazione. Si colazione, avete capito bene. E lì, in un punto indefinito del deserto, in un posto ancora più indefinito, mentre aspettavamo di ripartire per la Giordania, ho fatto una delle colazioni più buone di sempre. Se ci penso ancora mi ricordo la sensazione di appagamento che ho provato mordendo la pita.
L’Egitto per me è stato questo.
Scoperta e gratitudine. Perché durante quei nove mesi, lontana da casa, mi si è aperto un mondo, in cui sono riuscita a meravigliarmi, a sorprendermi ed a mettere in discussione quello che davo per scontato. Compresa la libertà di esprimermi.
Ho realizzato quanto sia stata fortunata a nascere e crescere in un paese, dove mi è sempre stato concesso dire quello che penso e se necessario lottare per questo.
Però è anche stata un’esplosione di sapori, odori, parole ed usanze, di cultura completamente diversa dalla mia. E’ stato un paese che, per fortuna, mi ha costretto a sperimentare, a fidarmi del gusto di qualcun altro, a chiudere gli occhi e provare. E io, da brava maniaca del controllo, ho capito che certe volte, non avere il controllo della situazione, può essere bellissimo.
Quindi mi congedo così, con una frase di Sergio Bambarén che dice: ”Soltanto chi osa spingersi un po’ più in là scopre quanto può andare lontano”.
3 commenti
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Grazie per questo bellissimo post! Ti seguo anche su Instagram per le tue ricette ed è bello conoscere anche queste esperienze diverse, la lettura è molto piacevole! Brava
Ti ringrazio tantissimo! Per me sta diventato indispensabile scrivere e condividere le mie avventure e disavventure. E’ un onore sapere che piaccio a chi mi legge. un abbraccio